YESENIA TROBBIANI, Delcibo
Irrinunciabile: ACQUA

Esistono musei dedicati al cibo, libri, trasmissioni televisive, documentari, registi costantemente ossessionati dalla sua rappresentazione. Esistono patologie legate ad esso. Esiste il cibo per la mente.

Una miriade di declinazioni, aggettivi correlati, sinonimi e verbi che lasciano intendere la sua presenza: cuocere, bollire, friggere, scaldare, sciogliere, mescolare, impastare. E Mangiare. Soffermiamoci su questa azione che presuppone la materia prima, il gesto e un legame con il corpo: non solo direttamente collegato alla sopravvivenza. Il cibo è fatto di sapori, odori e colori che racchiudono un valore culturale e sociale: ciò sottende un valore identitario, espresso concretamente dalle differenti abitudini alimentari tipiche di ogni popolo. Dalla moltitudine al singolo, ognuno ha il suo personale rapporto con il cibo: il suo modo di mangiare, i gusti, gli orari e i luoghi. Ci rapportiamo con gli altri anche intorno ad un tavolo durante i pasti, nel cosiddetto convivio che ci impone di dialogare con chi è seduto di fronte a noi. Il cibo diventa tramite di relazioni sociali, non solo un mero nutrimento per il corpo. Il progetto di Yesenia Trobbiani "Delcibo" sviscera ad uno ad uno questi temi e con differenti sfumature: una tavola con del cibo bianco invita lo spettatore a farsi parte dell'azione, a prendere posto con altri commensali sconosciuti, condividendo le pietanze. Questo progetto parte da un'esigenza intima dell'artista di indagare dapprima il rapporto tra se stessa e il nutrimento, successivamente estendendolo ad una visione sociale, come nel caso dell'altra opera esposta a Notte Nera 2013 dal titolo "Daily" di Yesenia Trobbiani e Gioia Mancinelli.

"Delcibo", la cui prima rappresentazione si era focalizzata su una tavola nera imbandita con alimenti dello stesso colore, cambia cromaticamente, passando al suo colore apparentemente opposto ma complementare: il bianco. Entrambi i colori sono sinonimo della morte in culture differenti: occidentale per il primo, orientale per il secondo. La tavola bianca imbandita con il cibo dello stesso non-colore, scelto e cucinato dall'artista, costringe a condividere il rituale del mangiare con degli sconosciuti: un pratica quotidiana, difficile per alcuni e che spesso svela patologie, fobie e traumi. L'effetto di straniamento è duplice. Si creano due livelli di interazione: uno individuale, tra il cibo e la persona che lo ingerisce; l'altro sociale tra i commensali presenti, condividendo persino l'acqua in grandi ciotole comuni. Ci troviamo di fronte ad un elemento irrinunciabile: l'acqua, così incolore che diventa quasi invisibile, ma essenziale e paradigma della ricerca dell'artista.

Sedetevi a tavola, mangiate... Bevete.

Federica Mariani
Co-curatore Arti Visive NotteNera 2013